Treviso (non) è una pura coincidenza
Domenica sono stato a Treviso per il concerto d’addio degli Estra, ed è dall’istante in cui ho rimesso piede a casa che cerco, senza riuscirci, di scrivere due parole a riguardo. Sarà che con gli addii, come certi personaggi dei miei romanzi, ho sempre avuto un rapporto complesso. Sarà che lascia una certa malinconia vedere una storia musicale così importante chiudersi pur dimostrando di avere ancora molto da dare. Sarà che non è mai facile fare i conti con la scelta di amarsi per l’ultima volta nel modo più sfrontato per poi separarsi definitivamente e lasciare che la vita prosegua portando ognuno lungo la propria strada. O sarà che sto già cadendo nel retorico smielato e non so se mi va.
Dunque rinuncio all’idea di scrivere qualcosa di razionale e mi limito a ringraziare Giulio Casale e il resto della band per quello che mi hanno dato con le loro canzoni in tutti questi anni, per la purezza e l’onestà con cui hanno saputo incarnare in modo magnificamente poetico e incisivo il senso di smarrimento di tanti ragazzi “nati in mezzo al niente”, per le tante volte in cui mi sono rifugiato nello stridore delle loro chitarre e nella forza delle loro parole, per le notti in cui da ventenne mi è capitato di inseguire Giulio dopo qualche concerto per scambiare due battute e rompergli i coglioni con le mie poesiole di quegli anni, per come anche in quest’ultimo concerto hanno saputo farmi tornare diciassettenne per un paio d’ore, per i tanti ricordi che mi legano al loro mondo, e anche per quell’ultimo momento di commozione condiviso con tanta gente mentre domenica salutavano il loro pubblico per l’ultima volta.
Buona vita a voi, “nordest cowboys”!
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