ciao Davide
La tragedia di Davide Rebellin mi sta lasciando una tristezza enorme. Rebellin è stato un personaggio splendido di cui ho seguito con affetto la parabola sportiva fin dagli esordi nella prima metà degli anni ‘90, di cui ho sempre stimato il garbo nell’affrontare sia i trionfi che le sconfitte e le troppe ingiustizie subite dai media e dalle varie federazioni, e che ho amato più che mai in questi ultimi anni in cui, quasi come un personaggio da fiaba, ha dimostrato una tenacia monumentale nel non arrendersi allo scorrere del tempo. Credo che la sua storia parli da sé, ma probabilmente la sola storia non basta a spiegare tutto quanto.
Forse ad addolcire la tristezza può esserci solo l’inutile romanticismo del pensare che in fondo uno come lui poteva andarsene via solo così: in sella alla sua bicicletta facendo ciò che più amava.
Oltre alla tristezza però c’è anche una punta di rabbia perché sappiamo tutti che il ciclismo è qualcosa che comporta per sua natura dei rischi ma, con la mancanza di educazione al rapporto con utenti diversi dalle automobili, l’incattivimento sociale e la folle frenesia di questi anni, le strade del nostro Paese si stanno trasformando sempre più in una giungla in cui non c’è la minima attenzione per i più fragili e chiunque non abbia un motore potente è visto solo come un ostacolo da scavalcare nel più breve tempo possibile anche a costo di rischiare di travolgerlo. Credo che su questo tema occorrerebbe fare una seria riflessione sociale perché la situazione, come può testimoniare chiunque faccia anche solo una manciata di chilometri in bicicletta, è davvero drammatica.