ventigennaioduemilauno
Cara Elisabetta,
te lo ricordi, vero, quel mio vecchissimo racconto intitolato “Come non dirsi addio”?
Quante volte mi è capitato, quando ci eravamo appena conosciuti, di accennarti a tutto ciò che non ha mai smesso di respirare attorno a quelle righe? Quante volte, fin dall’uscita di “Tutto passa invano”, mi è capitato di concludere un reading con quel brano? E quante volte, introducendo quella lettura, mi è capitato di raccontare che quel frammento di vita si intitolava, in origine, “20-01-2001”, anche se poi decisi di pubblicarlo con un altro titolo? Tante. Troppe, forse.
Lo so che tu non c’entri nulla con questa storia. Lo so che di queste cose abbiamo già parlato fino allo sfinimento. Lo so che è una storia vecchissima. E so anche come la pensi a riguardo. Quello che non so è che effetto potrà farmi, dopodomani, alzarmi dal letto e pensare che dagli istanti fotografati in quelle parole sono passati (“invano”) esattamente dieci anni.
Dieci anni. Hai idea di quanti aeroplanini di carta si possano lanciare, in dieci anni?
Forse è anche per esorcizzare il fantasma di questa personalissima ricorrenza che nelle prossime settimane tornerò a raccontare le mie storie in pubblico: prima con una data in Abruzzo poi, nel giro di un pugno di settimane, con un poker di appuntamenti lombardi in situazioni sempre diverse fra loro e con amici sempre diversi al mio fianco.
Si parte sabato (22 gennaio), alle 17.30, con una presentazione di “In fondo ai suoi occhi” alla Libreria De Luca di Chieti. Per fortuna quel giorno avrò al mio fianco l’amico Vincenzo Di Pietro che modererà l’incontro e limiterà il mio inevitabile divagare in storie ormai troppo vecchie.
Un abbraccio
Rob
p.s.: intanto quel racconto è, ormai da tempi immemorabili, in download sul mio sito.
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