un ricordo di Franco Ballerini
Sono già passati dieci anni dalla scomparsa di Franco Ballerini, grande campione di ciclismo degli anni ’90 che, per chi ha amato la bicicletta in quegli anni, resta ancora oggi l’uomo del pavé per antonomasia.
Di lui mi piace sempre ricordare soprattutto la Parigi-Roubaix del ’93: si racconta che, nel momento in cui rimasero al comando della corsa solo lui e Duclos-Lassalle, il francese, prendendo atto che Ballerini quel giorno era nettamente più forte, gli chiese di non attaccarlo e di portarlo con sé fino al traguardo promettendogli che non avrebbe poi fatto la volata perché un secondo posto quel giorno gli sembrava già un grandissimo risultato. Giunti all’ultima curva però Duclos-Lassalle non riuscì a resistere e infranse la promessa bruciando l’italiano proprio a pochi centimetri dal traguardo. Un secondo posto che grida vendetta tutt’oggi ma che lui incassò senza fare una piega e che segnò probabilmente l’esplosione definitiva del grande amore reciproco fra Ballerini e il popolo della Roubaix.
La vinse poi due volte, negli anni successivi, quella corsa, ma ancora più memorabile dei successi rimane il giorno della sua ultima gara da professionista, ovviamente proprio alla Parigi-Roubaix, con lui che arriva al traguardo lontano dai primi ma acclamato dal pubblico come un trionfatore e percorre gli ultimi metri con la maglia da gara aperta per mostrare una canottiera con la scritta “Merci Roubaix”. Difficilissimo, per un italiano, creare un legame così forte con il pubblico francese e con una corsa affascinante e particolare come la Roubaix. Solo un uomo di quella pasta d’altri tempi poteva riuscirci.
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