75 anni di Eddy Merckx
“…d’altra parte che volete che faccia un Baronchelli ventenne, disorientato e impaurito contro la violenza cinica del mondo intero o la furia devastante di un Merckx dall’orgoglio ferito?” recitava una frase di un mio vecchio romanzo.
Oggi Eddy Merckx compie 75 anni. Come fai a spiegare Merckx a chi non ha mai seguito il ciclismo? Non basta dire che è stato il corridore più forte di sempre e l’unico ad avere vinto davvero tutto ciò che si può vincere.
Il fatto è che del ciclismo mi ha sempre affascinato il lato poetico mentre in Merckx, almeno in apparenza, di spazio per la poesia ce n’è sempre stato ben poco. Merckx era una macchina perfetta nata esclusivamente per vincere. Non a caso lo chiamano ancora oggi “il Cannibale”, per la sua innata propensione a non lasciare nemmeno le briciole agli avversari. Merckx, insomma, in una fiaba avrebbe potuto fare solo la parte del cattivo. Ma è proprio quello il punto. Merckx è stato come le divinità delle tragedie greche che l’eroe di turno si trova a dover sfidare per poter cambiare il proprio destino, uscendone ovviamente il più delle volte con le ossa rotte. Il dio spietato che mette inesorabilmente l’aspirante eroe di fronte alla fragilità della propria natura di semplice essere umano. Ed è qui che stava la poesia di Merckx: nell’essere così indistruttibile, feroce e privo di poesia da rendere incredibilmente poetico e romantico chiunque provasse a sfidarlo.
Tanti auguri, Cannibale!
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