dieci anni suonando pezzi di vetro
In questi giorni “Suonando pezzi di vetro” ha compiuto dieci anni e, dopo tanto tempo, credo di non essere ancora riuscito a trovare un equilibrio nel mio rapporto con quel romanzo: un dettaglio abbastanza curioso visto che uno dei temi del libro è anche il rapporto complesso fra un artista, le proprie opere e il resto del mondo.
In realtà mi capita spesso di pensare che quello sia uno dei miei lavori meglio riusciti. Credo sia un romanzo che parla di istanti di passaggio e di quanto può essere ostico per determinate persone incastrarsi fra le regole basilari dell’esistenza che tutti conosciamo: un tema che, a ben vedere, nei miei libri ritorna spesso, però in quel romanzo credo lo faccia con una forza particolare data forse anche dal fatto che il protagonista è un musicista e la storia è ambientata fra le contraddizioni del mondo polveroso della musica indipendente, il che mi ha permesso di fare esplodere molte sensazioni in modo abbastanza forte raccontando un ambiente che conoscevo bene. Tra l’altro credo sia anche il libro su cui, almeno come numero di stesure, ho lavorato meno, e forse anche questo ha contribuito a enfatizzare quell’aura di intimità e schiettezza mantenendo viva la fragile impulsività degli appunti iniziali. O almeno così mi sembra di ricordare, visto che non lo rileggo da una vita.
Credo che il mio rapporto con quel libro si sia complicato soprattutto per via di un percorso promozionale vissuto in modo piuttosto convulso, come se l’irruenza del libro fosse filtrata anche lì senza che io fossi preparato a gestirla, il che mi ha portato ad allontanarmene fin troppo in fretta uscendone piuttosto frastornato. Però, se non altro, tutto questo è servito a insegnarmi il tipo di corazza di cui devi munirti e la serenità che costruirti attorno prima di lanciarti nella pubblicazione di un nuovo romanzo.