non è consentito dimenticare
Tre anni fa, dopo un’improvvisa inversione a “U” dei grandi nomi dell’informazione, l’Italia chiudeva. Avrei voluto scrivere qualcosa di razionale sull’argomento ma mi rendo conto di provare ancora troppo sgomento per la sospensione dello stato di diritto a cui abbiamo assistito in quei due anni abbondanti e per la facilità con cui la gran parte dei nostri connazionali ha dimenticato in un lampo ogni briciola di umanità e rinunciato a ogni forma di pensiero critico per adattarsi a vivere in una sorta di teatro dell’assurdo fatto di parole riesumate dal secolo scorso e di “regole” surreali in eterna mutazione.
Personalmente ho avuto l’enorme fortuna, durante i periodi peggiori, di avere a che fare più con la Svizzera che col nostro Paese, il che mi ha evitato molti problemi e mi ha permesso di toccare con mano due modi opposti di gestire ogni situazione, ed è difficile scordarsi la sensazione straniante, provata in diversi frangenti del biennio ma ancora di più nei mesi della “tessera verde”, di passare da un mondo assolutamente sereno a uno totalmente distopico semplicemente attraversando a piedi la dogana.
Per quanto oggi molti mezzi d’informazione stiano cercando di “normalizzare” quel periodo nella memoria collettiva, credo sia vitale ricordare con fermezza ogni cosa per ciò che è stata realmente. Non dimenticare nulla, continue contraddizioni incluse. Non dimenticare nemmeno i continui tagli alla sanità pubblica perpetrati negli ultimi vent’anni e portati avanti ancora oggi che sono stati uno dei nodi scatenanti del caos. E continuare a tenere sempre gli occhi e la mente bene aperti sul presente e sul futuro.
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