Pasqua, il Fiandre e “L’uomo a pedali”
“Era il giorno di Pasqua e a casa dei nonni si mangiava, si beveva, si rideva e si chiacchierava con tutta la famiglia riunita attorno al tavolo del salotto.
«Restate qui oggi pomeriggio, così guardiamo il Fiandre tutti insieme.» aveva detto il nonno mentre aspettavano il caffè.
«Cos’è il Fiandre?» s’intromise il piccolo Sergio con la curiosità tipica dei bambini.
«È una corsa in bicicletta. La corsa più bella del mondo.» rispose uno zio […]
Fu amore. Non avrebbe potuto essere altrimenti. Ancora non sapeva leggere ma quelle immagini gli entrarono nel profondo e non lo lasciarono più, tanto che da quel giorno non ci fu mai più un Giro delle Fiandre senza Sergio incollato alla televisione, rapito da quelle strade e completamente isolato da tutto il resto del mondo.
A distanza di anni ci si potrebbe chiedere se l’avere amato tanto quella corsa così imprevedibilmente romantica e immersa in quei paesaggi pregni di malinconia non possa avere in qualche modo influenzato il suo destino oppure se amò quella corsa proprio perché, in quel susseguirsi infinito di strappi e in quell’eterno autunno in cui il verde non è mai troppo brillante, vide in qualche modo riflessa la propria anima. Ma sono domande per le quali non esiste una risposta.” (da “L’uomo a pedali“)
Una piccola autocitazione per augurare una Pasqua serena a tutti e in modo particolare a chi la passerà con la mente lassù fra le pietre del Giro delle Fiandre.
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