Categoria: storico

  • cinque anni dopo

    Esattamente cinque anni fa usciva “Tutto passa invano”: un insieme di racconti ripescati dai miei cassetti e pubblicati davvero senza nessun tipo di attesa, solo per l’esigenza di fissare definitivamente nel tempo alcuni pensieri che mi inseguivano ormai da troppo tempo. A posteriori credo sia un libro molto grezzo, estremamente personale e sincero, a tratti ingenuo eppure, per quanto mi riguarda, ancora denso di significati.
    Aprendone una pagina a caso mi è caduto l’occhio su una delle poesiole conclusive:

    Scavo tuttora macerie inquiete
    di un mondo crollato ad un soffio di vento
    e riscrivo sempre la stessa poesia
    con parole diverse perché non sembri vera

    Conosco un uomo che ama i fantasmi
    e si crogiola all’ombra di sogni usa e getta
    Non toccare la meta gli dà sicurezza
    Sia mai che un approdo deluda le attese

    Era il ragazzo che amava le fiabe
    ma non ha saputo mai scriver la sua
    Non ci crede più ma continua a cullarla
    La realtà è il tempo morto fra un verso ed un altro

    cinque anni dopo
  • sono ancora vivo

    Ok. Sono ancora vivo. O almeno credo.
    Sono stati mesi intensi, questi ultimi. Mesi emotivamente impegnativi che, sotto certi aspetti, mi sembra siano durati anni. Cose da raccontare ce ne sarebbero fin troppe, ma per fortuna ci sarà tutto il tempo per dire tutto ciò che c’è da dire e continuare a tacere ciò che c’è da tacere. Anche se domani è già l’ultimo giorno d’estate.
    Intanto iniziamo a riaprire una finestra sul mondo con questo nuovo sito la cui veste grafica è, fra le altre cose, impreziosita da uno sfondo che trovo molto bello e significativo.

    sono ancora vivo
  • …e non si scioglie mai

    Cara Elisabetta,
    solo una manciata di giorni fa ho fatto il reading più intenso, privato e significativo della mia vita. Avrei davvero tantissime cose da dire a riguardo, ma forse è bene che certi pensieri e certi ricordi restino semplicemente un dono per chi c’era e ha voluto vivere con me una splendida nevicata attesa per troppo tempo. In questi giorni, a dire il vero, non mi va nemmeno di scrivere: vorrei solo continuare a vivere quella meravigliosa tormenta di neve e sperare che non debba mai finire.
    Ciò che invece ti posso raccontare, tornando ad argomenti più terreni, è che il 15 marzo e il 12 aprile, su richiesta dei miei ragazzi di San Vittore che si mostrano sempre più interessati ai miei lavori, tornerò da loro per presentargli “In fondo ai suoi occhi”. Penso che sarà divertente, tornare a parlare di te. Anche se molto probabilmente il discorso finirà col volgere anche altrove.
    A proposito di San Vittore: il progetto sulla riscoperta dei cantautori continua a procedere a gonfie vele, tanto che nell’appuntamento di fine marzo avrò il piacere di ospitare il professor Roberto Vecchioni in carne e ossa, che verrà a strimpellare qualche canzone e raccontare ai ragazzi qualcosa di sé.
    Dio t’bendessa, ragazza
    Rob

    …e non si scioglie mai
  • manca la neve

    Cara Elisabetta,
      ci vorrebbe una bella nevicata, per cambiare il panorama di questi ultimi giorni dell’anno e scombinare davvero le carte. Ne avverto più che mai il bisogno, in questo periodo.
      Se devo dirla tutta, non mi sembra possibile che il 2011 sia già giunto alla fine: questi ultimi trecentosessantacinque giorni mi sono scivolati fra le dita così velocemente da non riuscire proprio a coglierne il significato o tracciarne uno straccio di bilancio, per cui evito i classici discorsi da fine anno, i resoconti e i buoni propositi da dimenticare prima dell’Epifania. Forse avrei giusto un paio di piccoli desideri per l’anno nuovo, ma ovviamente non li dirò altrimenti, come insegna la tradizione, non si realizzeranno mai.
        Un abbraccio e soprattutto, come diceva Lindo: buon anno, ragazza.
          Rob
    p.s.: giusto per tornare a parlare di noi, qualche giorno fa sul webmagazine Fucine Mute è uscita una mia intervista. Se ti capita, la puoi leggere a questo link:
    http://www.fucinemute.it/2011/12/roberto-bonfanti-breve-viaggio-sentimentale/

    manca la neve
  • rum e cioccolato

    Cara Elisabetta,
      esattamente un anno e tre giorni fa “In fondo ai suoi occhi” arrivava sugli scaffali delle librerie. Un anno. Un anno soltanto. Sembra incredibile: a me sembra tutto molto più lontano, come se in questi dodici mesi sia stato condensato un tempo decisamente più lungo. Tante cose mi sembrano diverse, oggi, rispetto alla realtà emotiva di quel romanzo. E probabilmente è giusto così.
      Il reading della scorsa settimana a Roma, insieme a Vincenzo Di Pietro e Raffaella Stacciarini, è stato per me l’occasioni di provare ad esplodere uno dei microcosmi de “L’uomo a pedali” e rendere omaggio a un personaggio a cui devo molto. E’ stato molto bello e l’intreccio della mia storia con quelle di Raffaella e Vincenzo ha creato qualcosa di davvero particolare e, per quanto mi riguarda, interessante. Oltretutto ci siamo anche divertiti parecchio, fra short di rum, bicchierini di cioccolato, buon vino e tante risate.
      Anche il progetto con i ragazzi di San Vittore continua a crescere. Dopo i piacevoli incontri dedicati ai testi Fabrizio De André e Roberto Vecchioni, nei prossimi appuntamenti, in cui parleremo di Francesco De Gregori (il 28 novembre) e Giorgio Gaber (a dicembre), proporrò ai ragazzi anche l’ascolto di qualche canzone.
        Un abbraccio
          Rob

    rum e cioccolato
  • il cielo capovolto

    Cara Elisabetta,
      fra i brani più recenti di Roberto Vecchioni c’è una frase che recita: “Non lo so se è meglio vivere che scrivere. So che scrivo perché forse non so vivere”.
      Quella frase mi ha folgorato mentre preparavo i brani da proporre lunedì mattina (24 ottobre) ai ragazzi detenuti a San Vittore durante l’appuntamento mensile con loro per il progetto “Nella mia ora di libertà”, che in questa occasione, dopo l’entusiasmo raccolto il mese scorso con il reading su De André, sarà dedicato proprio ai testi di Vecchioni.
      Questa volta, appena uscito dal carcere, salterò su un treno per Roma dove martedì sera (25 ottobre, alle 21.00) avrò il piacere di condividere ancora il palco con Vincenzo Di Pietro e Raffalla Stacciarini. Per la data romana di presentazione di “Senza te” di Vincenzo, organizzata dall’Arci Lesbica al Cheese and Cheers Bistrot (via Paola Falconieri, 47/b), abbiamo preparato tutti insieme uno spettacolo molto particolare in cui le nostre storie si intrecceranno diventando un corpo unico. Penso che ci si divertirà, anche perché, ad accompagnare le nostre parole, ci saranno cioccolato e rum.
      Mentre ti racconto queste cose però mi sta venendo un dubbio: e se fosse che invece si scrive PER vivere? Se vivere e scrivere si rincorressero a vicenda? Ci hai mai pensato? Per me, in fondo, è sempre stato così.
        Un abbraccio
          Rob

    il cielo capovolto
  • canzoni senza musica

    Cara Elisabetta,
      lunedì (26 settembre) tornerò ancora una volta a San Vittore, ma questa volta non sarà per raccontare le mie storie bensì per una sorta di incontro-reading dedicato alla figura di Fabrizio De André e alle sue parole. Racconterò De André ai detenuti, leggerò alcuni dei suoi testi e mi confronterò poi con i ragazzi sulle sensazioni e le impressioni generate da quelle parole. Insomma, non sarà una lezione né un reading canonico o un semplice tributo: sarà soprattutto una nuova importante occasione di confronto.
      Questo appuntamento sarà anche l’inizio di una mini-rassegna carceraria intitolata “Nella mia ora di libertà – storie di cantautori e canzoni senza musica” che mi porterà, almeno fino a fine anno, a varcare una volta al mese i cancelli di San Vittore per leggere e raccontare ai detenuti le storie dei nostri più importanti cantautori con una serie di incontri “monografici”.
      E’ un progetto nato quasi per caso dopo i due reading che ho tenuto in carcere prima dell’estate, ma credo sia qualcosa ci molto molto importante e significativo. E non ti nascondo che l’idea di leggere De André, soprattutto in un ambiente come San Vittore, mi emoziona parecchio.
      Un abbraccio
        Rob
    p.s.: Scrivendo queste righe mi è tornato in mente che nel gennaio del 2005 organizzai, insieme a Kronic, un tributo a De André e alla canzone d’autore in un locale di Milano che si chiamava Pow Wow. Ci suonarono diversi musicisti e venne a trovarci davvero parecchia gente. Certo, si tratta di due contesti e due progetti completamente diversi, ma non posso non pensare a quante cose sono cambiate da allora… e al fatto che evidentemente è proprio vero che quelle davvero importanti sono destinate, in un modo o nell’altro, a rimanere sempre con noi. Come le parole che avrò l’onore di poter leggere lunedì, appunto.

    canzoni senza musica
  • lo sai che non mi va

    Cara Elisabetta,
      “l’estate sta finendo e un anno se ne va”, cantavano nel juke box i Righeira quando noi eravamo bambini. E, per quanto mi riguarda, questa è stata un’estate serena, girovaga, significativa e rilassante al punto giusto. Un’estate in cui c’è stato un po’ di tutto: colline, mare, incontri, chilometri d’asfalto, musica, silenzi, risate, animali, luoghi misteriosi, abbracci e parole.
      Agosto è iniziato con la presentazione del romanzo a Frigento (AV), spostata all’ultimo secondo da Palazzo De Leo al campeggio di People Involvement e circondata dai sorrisi della sempre calorosa accoglienza del Sud, per poi proseguire con una settimana di “ritiro creativo” in cui ho iniziato timidamente ad abbozzare qualche schizzo su cui costruire un futuro ancora lontano, e concludersi con una piccola parentesi di relax assoluto, in un angolino di paradiso che anni fa ispirò una splendida canzone di Vecchioni, per scrollarmi definitivamente di dosso le tossine emotive del caos primaverile.
      Credo che l’appuntamento di Frigento abbia chiuso il capitolo del mio percorso dedicato alla promozione di “In fondo ai suoi occhi”. Il futuro, come diceva Joe Strummer, è ancora da scrivere (nel senso più letterale della parola). Vedremo…
        Un abbraccio
          Rob

    lo sai che non mi va
  • lezioni di dignità

    Cara Elisabetta,
      avere avuto la possibilità di respirare l’aria di San Vittore e confrontarmi con le persone che abitano quelle mura, raccontandogli le mie storie, rispondendo alle loro domande e raccogliendo le loro osservazioni, i loro ricordi e le loro sensazioni, è stata un’esperienza incredibile: qualcosa che qualunque cittadino di questo Paese dovrebbe avere la possibilità di provare sulla propria pelle, per poter capire un po’ meglio la propria esistenza e il mondo in cui viviamo.
      Questo secondo incontro ha ben presto rotto gli schemi e si è trasformato in una lunghissima chiacchierata che ha riempito l’intera mattinata. Abbiamo parlato di me e delle storie che, di volta in volta, senza una scaletta prestabilita, mi veniva spontaneo leggere. Abbiamo riso. Abbiamo discusso di calcio, di musica o di attualità. Abbiamo affrontato argomenti leggeri e temi pesantissimi. E, fra una cosa e l’altra, i ragazzi mi hanno raccontato un po’ delle loro vite, di quello che hanno attraversato, di ciò che stanno vivendo ora e della loro visione del mondo, mettendo in mostra una sensibilità e una lucidità (e spesso anche un’autoironia) davvero invidiabili.
      “Nella vita, qualunque situazione ti trovi ad affrontare, compreso il carcere, devi affrontarla sempre con dignità: questa è la cosa più importante”, mi ha detto una persona verso la fine dell’incontro. Un altro ragazzo mi ha invece illuminato con una riflessione sul fatto che, indipendentemente dall’essere “dentro” o “fuori”, ciò che conta è saper prendere coscienza dei propri errori e imparare da essi, e che, in questo senso, chi è “dentro”, non avendo più alibi a cui aggrapparsi, ha parecchi punti di vantaggio rispetto a noi che ci crediamo innocenti solo perché non abbiamo sbarre alle finestre. Quella riflessione mi ha fatto ripensare all’ultima strofa di “Nella mia ora di libertà” di De André che, rivolgendosi a noi uomini liberi, dice: “venite adesso alla prigione e state a sentire, sulla porta, la nostra ultima canzone, che vi ripete un’altra volta che, per quanto voi vi sentiate assolti, siete per sempre coinvolti”
      Non posso che ringraziare di cuore chi ha reso possibile questo incontro e tutti i detenuti che mi hanno accolto nel loro mondo con tanto entusiasmo e tanta attenzione.
        Un abbraccio
          Rob
    p.s.: quello che vedi nella foto è l’ultimo numero di “Realtà nascoste”, il giornalino interno che un gruppo di detenuti, con un’enorme dose di buona volontà, cura, stampa e rilega in modo completamente autonomo e artigianale.
    p.p.s.: ora farò finalmente rotta verso Sud. L’unico mio appuntamento dell’estate, come ti accennavo, sarà mercoledì 10 agosto, alle 11.30 (di mattina) a Frigento (AV), presso Palazzo De Leo. Proprio nei giorni in cui a Frigento si terrà anche il People Involvement Festival (che vedrà sul palco i Massimo Volume, Virginiana Miller e molti altri).

    lezioni di dignità
  • i poeti di San Vittore

    Cara Elisabetta,
      Alda Merini diceva che essere un poeta non significa scrivere poesie ma saper guardare la vita con un occhio speciale, capace di cogliere le sfumature che i comuni mortali ignorano, e che, per questo, molti dei più grandi poeti che lei avesse mai incontrato erano in realtà persone semplici, lontanissime dal mondo della “cultura” e magari incapaci anche di scrivere una sola riga.
      L’incontro con i ragazzi di San Vittore non ha potuto non riportarmi alla mente questa riflessione. Quell’incontro, vissuto in un clima così disteso e inaspettatamente familiare, è stato una delle esperienze più dense e significative della mia vita: dagli sguardi, dai sorrisi e dalle parole di questi ragazzi ho sicuramente ricevuto molto più di quanto io, con un semplice romanzo, posso pensare di avergli dato in cambio. Fra quelle mura ho trovato persone fantastiche e genuine, a dispetto delle storie difficili che ognuno di loro ha alle spalle, pervase da un desiderio incredibilmente profondo di ascoltare e confrontarsi con ciò che gli raccontavo, facendo anche domande “scomode” e intervenendo di continuo per arricchire l’incontro con le loro impressioni e le loro esperienze di vita.
      Su una parete della saletta in cui si è tenuto l’incontro c’era un ritratto a matita (o a carboncino?) di Gaber che sorrideva con la sua espressione inconfondibile. Credo che anche lui sarebbe rimasto ammaliato da quell’atmosfera e da quella voglia di comunicare abbattendo qualunque barriera.
      Ora aspetto con ancora maggiore entusiasmo e curiosità martedì (2 agosto), per ritornare a San Vittore per la seconda parte dell’incontro.
        Un abbraccio
          Rob

    i poeti di San Vittore
  • nella mia ora di libertà

    Cara Elisabetta,
       martedì (26 luglio), a Milano, farò visita ai detenuti del carcere di San Vittore. E’ un appuntamento programmato da tempo che attendo con grandissimo entusiasmo e curiosità fin dal momento in cui mi è stato proposto: credo che, sul piano umano, confrontarmi per qualche ora con una realtà simile sarà, per me, un’opportunità enorme.
      Si tratterà in realtà di un doppio incontro, organizzato nell’ambito di un progetto che ha l’obiettivo di incoraggiare i detenuti alla lettura: durante questo primo appuntamento (martedì, appunto) mi presenterò con uno dei miei reading, introdurrò il romanzo e lascerò ai ragazzi alcune copie del libro messe a disposizione da Falzea. Nel secondo incontro, che si terrà la settimana successiva (martedì 2 agosto), saranno invece i ragazzi a raccontarmi le loro impressioni dopo aver letto il romanzo e instaurare un vero e proprio confronto.
      Per l’occasione, lascerò per un attimo da parte “In fondo ai suoi occhi” e rispolvererò “L’uomo a pedali”. E’ un suggerimento nato dalla persona che ha organizzato l’incontro, che ritiene i temi di quel romanzo molto vicini alla sensibilità di chi mi ascolterà, ma piace molto anche a me l’idea di presentarmi in luogo simile con il lavoro che forse rappresenta meglio ciò che sono. Sarà un bel modo per mettersi a nudo nel contesto più delicato e difficile.
      Ti farò sapere come andrà…
        Un abbraccio
          Rob
    p.s.: dopo questo doppio incontro, l’unico appuntamento pubblico dell’estate sarà il 10 agosto, a Frigento (AV), con un reading di contorno a People Involvement (festival in cui suoneranno, fra gli altri, i Massimo Volume, i Virginiana Miller e tanti altri). Ma di questo ti racconterò prossimamente.

    nella mia ora di libertà
  • forti e tenaci senza te

    Cara Elisabetta,
       per poterti raccontare tutte le sfumature della settimana sospesa fra il reading a Roma e quello a Pescara, credo che sarebbe necessario almeno un romanzo (e non è detto che prima o poi non possa pensare di scriverlo). Sono stati giorni estremamente densi, ricchi di incontri più o meno inaspettati, di sorrisi ritrovati… e anche di mare e ore di treno. Una settimana decisamente “rock’n’roll” ma al tempo stesso estremamente serena.
      A Roma, dove, insieme alla vulcanica Raffaella Stacciarini, ero ospite della presentazione del romanzo d’esordio di Emanuele Di Tullio intitolato “Forti e tenaci” (una storia molto genuina e scorrevole che racconta i dubbi di un’adolescenza vissuta in un campo da calcio di periferia), ho letto anche “Filo Alto”, il racconto che avevo scritto qualche tempo fa per i Nuju (che, oltretutto, proprio poche settimane fa sono usciti con un nuovo interessante cd). A Pescara invece, per festeggiare, insieme a Matteo Grimaldi ed Emanuele Di Tullio, l’uscita di “Senza Te” del sempre presente Vincenzo Di Pietro, mi sono divertito a provocare un po’ Vincenzo e il suo pubblico parlando (forse) d’amore.
      Tra l’altro, “Senza te” è proprio un bellissimo romanzo che credo piacerebbe molto anche a te, con il suo intreccio affascinante di sentimenti poco convenzionali. Se ti capita l’occasione, non posso che consigliartelo. E ti assicuro che non lo dico solo perché Vincenzo è un amico con cui, oltretutto, ho condiviso palco e pensieri in un numero di occasioni che ormai inizio a fare fatica a contare.
        Un abbraccio
          Rob

    forti e tenaci senza te
  • come in un libro scritto male

    Cara Elisabetta,
        cosa posso dire? Non so se riuscirei davvero a spiegare che effetto possa fare, tornare ad incrociare, anche solo per una sera, dopo due anni e mezzo, quegli occhi che ero ormai certo di non rivedere mai più. Non so nemmeno se sia il caso di provarci, a spiegarlo. Probabilmente, come suggeriresti tu, certe cose vanno semplicemente vissute per quello che sono, senza alcun bisogno di rimuginarci poi sopra. Però quella piccola parentesi fugace ed estemporanea di serenità agrodolce mi ha fatto davvero bene. Grazie!
        Tornando a guardare avanti, giugno si preannuncia come un mese ricco di incontri e di viaggi: mercoledì 8, alle 20.00, sarò a Roma, al teatro San Luca, per un breve reading ospite, insieme ad altri autori, della presentazione del romanzo d’esordio di Emanuele Di Tullio. Sabato 11, alle 17.00, sarò invece a Pescara, all’auditorium Petruzzi, per un nuovo mini reading, questa volta ospite della presentazione ufficiale di un bel romanzo di Vincenzo Di Pietro intitolato “Senza te”. In mezzo a queste due date ci sarà, credo, un po’ di mare e di necessario relax.
         Un abbraccio
           Rob
    p.s.: La “cultura” è un valore sopravvalutato. Sono stanco di chi si pavoneggia della propria cultura accademica ma finisce, nella vita vera, col dimostrare la sensibilità e l’intelligenza di un ferro da stiro. Ovviamente quest’ultima riflessione non c’entra assolutamente nulla con te e con tutto il resto, ma la scrivo giusto per togliermi un sassolino dalla scarpa quando copierò questa cosa sul blog.

    come in un libro scritto male
  • ma mai del tutto

    Cara Elisabetta,
      il Salone del Libro di Torino ha, ormai da qualche anno, assunto i contorni di un enorme giocattolone caotico all’interno del quale sembrano mischiarsi spunti di ogni genere, ricchi premi e cotillon. Una specie di calderone in cui sacro, profano, cazzeggio e profondità si mescolano in modo alquanto bizzarro. Un contesto denso e confuso, a tratti straniante ma, tutto sommato, divertente.
      Per quanto mi riguarda, quest’edizione vissuta per svariate ragioni in modo ancor più convulso del solito, è stata soprattutto l’occasione per riabbracciare gli amici dello staff di Falzea e, insieme a loro, a un buon numero di visitatori e al collega Indro Pezzolla, stappare qualche bottiglia in allegria e disimpegno.
      Estraniarsi dal caos e stappare una buona bottiglia con la giusta compagnia è sempre la cosa più saggia che si possa fare. Sarà bene non scordarsene più.
        Un abbraccio
          Rob

    ma mai del tutto
  • primavera non bussa

    Cara Elisabetta,
      sarà poi vero che, come scrivevo qualche anno fa, “vincere o perdere è solo un dettaglio assolutamente insignificante”? Sinceramente non lo so più. Sarà che questa primavera, fra sprazzi di instabilità e momenti di estrema serenità, mi sta lasciando una voglia enorme di rimettere tutto quanto in discussione, ma più ci penso e più mi rendo conto che quella conclusione non mi basti più. Non del tutto, almeno.
      Mentre aspetto di riuscire a mettere a fuoco il caos di questi pensieri o spero magari di trovare, almeno per una cazzo di volta, la gamba per lasciarmi tutti alle spalle come Gilbert sul muro di Huy, Falzea mi comunica che è uscita anche la versione ebook di “In fondo ai suoi occhi” (in vendita qui: http://www.bookrepublic.it/book/9788882963477-in-fondo-ai-suoi-occhi ).
      Anche questo è curioso, no? Io che sono sempre stato profondamente scettico riguardo gli mp3 e simili, mi ritrovo a vedere un mio romanzo distribuito anche in formato digitale. Ma è giusto così: era una strada che bisognava comunque provare percorrere, prima o poi. E mi piace che questo fatto capiti proprio in queste settimane in cui è fortissima la voglia di provare a rimettermi in gioco sotto ogni punto di vista.
        Un abbraccio
          Rob

    primavera non bussa
  • o forse non c’era un motivo

    Cara Elisabetta,
      “tu ami l’onda e devi stare sempre in fronte al mare e farti investire. ma se mi chiederanno se ti verrò a cercare, io, con parole nuove, gli saprò spiegare che ora ognuno corre per sé ”, recita una canzone dei Non Voglio Che Clara.
      La presentazione al castello di Solza è stata una delle più riuscite che abbia mai fatto. Per questa data casalinga volevo proporre qualcosa di completamente diverso dai miei reading abituali e Luca Barachetti, che mi ha fatto da moderatore con le sue riflessioni illuminanti, è stato preziosissimo nell’incanalare il discorso su un binario che ha permesso di approfondire i temi più sociali e crudi del romanzo con una bella discussione profonda e a tratti provocatoria. Non posso che essere soddisfatto.
      In realtà ci sarebbero anche un paio di altre cose che ti vorrei raccontare: sono giorni in cui mi sembra di subodorare qualcosa di nuovo nell’aria, o quanto meno mi piace credere che sia così. Ma forse è presto per parlarne. Vedremo…
        Un abbraccio
          Rob

    o forse non c’era un motivo
  • non voglio che stelle umiliate

    Cara Elisabetta,
      sai che io i consigli finisco col seguirli sempre con mesi di ritardo o per non seguirli affatto. Era una vita che un caro amico mi suggeriva di leggere “A perdifiato” di Mauro Covacich: qualche settimana fa finalmente l’ho fatto e sono rimasto letteralmente folgorato dalla sua crudezza poetica e dalla sua inquietudine profonda, tanto da gettarmi immediatamente anche sui due libri che ne costituiscono il seguito.
      C’è soprattutto una riflessione, in quel romanzo, che mi ha affascinato. Te la copio:
    secondo basilio, santo guastatore della macchina aristotelica, anche i corpi celesti sono sensibili alle affezioni. non hanno desideri né bisogni, eppure dal loro semplice girare infinito traggono piacere. è la loro grande umiliazione, l’umiliazione delle stelle. quindi consolati. girassimo anche intorno al mondo, su due punti diversi della stessa orbita, eternamente, tu partendo da puszta, io dalla california, non smetteremmo per questo di essere umiliati. e comunque, puoi correre quanto vuoi. non diventerai mai una stella.” [Mauro Covacich, da “A perdifiato”]
      L’umiliazione delle stelle. Un concetto che mi ha fatto lo stesso effetto di un pugno diretto in pieno viso.
      Tornando al mio presente, sabato (12 marzo), alle 21.30, parlerò di “In fondo ai suoi occhi” al Castello di Solza (BG). Come potrai immaginare, è una data a cui tengo particolarmente: un po’ perché quel castello è stato, negli ultimi tre anni, una sorta di mia seconda casa; un po’ perché la data è organizzata da Neverland e dopo la presentazione ci sarà il concerto dei Non Voglio Che Clara (con i Public di supporto); un po’ perché sarà una presentazione molto informale e dialogata, con Luca Barachetti a fare da moderatore; e un po’ perché sarà l’ultimo appuntamento lombardo per questo romanzo. Sarà una gran bella festa.
        Un abbraccio, sublunare.
          Rob
    p.s.: ah… giovedì (10 marzo), alle 21.00, sarò intervistato on-line sul blog di Diego L’Alligatore (alligatore.blogspot.com). Sarà una specie di intervista aperta con la partecipazione di altri due scrittori e la possibilità per i lettori di intervenire.

    non voglio che stelle umiliate
  • professori al mare

    Cara Elisabetta,
      fa un bell’effetto, alzandosi la domenica mattina con la mente ancora sconnessa dalla realtà, aprire un giornale e scoprire che Roberto Vecchioni ha vinto il Festival di Sanremo. E’ una di quelle rare notizie che per un istante riescono a farti pensare di esserti svegliato, almeno per una volta, nel mondo giusto. Avevo proprio bisogno di un momento simile, per iniziare la giornata di domenica.
      La settimana scorsa è stata strana: non mi era mai capitato di vivere in modo negativo i giorni di avvicinamento a un reading, anche se in fondo non saprei dire nemmeno io quali pensieri mi disturbassero realmente. Forse, a rendermi ancora più instabile, era l’ansia di raccontare quella storia proprio nella tua città, o forse semplicemente il fatto che con Milano ho sempre avuto un rapporto poco sano.
      Alla fine comunque, come era naturale che fosse, è andato tutto bene: il Ligera è proprio un bel posticino, per nulla “milanese” e gestito da ragazzi molto simpatici, e tutte le inquietudini si sono dissolte le momento stesso in cui ho messo piede nel locale. Il reading è scivolato via tranquillo e Le Gros Ballon hanno fatto un gran bel concerto, molto raffinato e intenso. Tutto bene, insomma.
        Un abbraccio
          Rob

    professori al mare
  • tra giolindo e milano con un grosso pallone

    Cara Elisabetta,
      ti ho mai raccontato quali furono le prime due cose che feci subito dopo aver tirato fuori dal cassetto la tua penna con l’intenzione di mettermi seriamente a scrivere quel libro? La prima fu impostare una tua foto (si, quella foto: l’unica che avevo) come sfondo del display del cellulare; la seconda mettere una foto di Giovanni Lindo Ferretti sullo sfondo del desktop del computer. La prima mi serviva per tenere presente in ogni istante ciò che dovevo fare; la seconda per ricordarmi, durante le varie rielaborazioni degli appunti scritti a mano, che l’unica cosa che conta è restare fedeli a se stessi e sbattersene di tutto il resto. La prima l’ho rimossa ormai da tempo come era giusto che fosse; la seconda invece è ancora qui, come un monito di cui ho spesso bisogno.
      Ovviamente, anche per questo motivo, il fatto che Ferretti torni finalmente, dopo ormai troppo tempo, a cantare in pubblico le sue canzoni, non può lasciarmi indifferente: ho già preso il biglietto per il suo concerto di venerdì. Credo ci sia un enorme bisogno della sua voce, in questo Paese.
      Curioso, tra l’altro, considerato quanto la sua immagine ha accompagnato la mia scrittura, che il suo concerto lombardo capiti proprio due giorni prima del mio reading milanese (l’unica data -inutile negarlo- di questo girovagare letterario che mi crea un minimo di tensione, visto il mio rapporto personale con il capoluogo lombardo e l’ovvia influenza che la città ha avuto sul romanzo). Che sia uno di quei bizzarri scherzi dell’universo che a te è sempre piaciuto sottolineare? Chissà… comunque domenica (20 febbraio), alle 19.30, racconterò “In fondo ai suoi occhi” a Milano con un reading-aperitivo al Ligera (via Padova 133. un bel posto fuori dalle logiche dei soliti localini milanesi). Ad alternarsi con me sul palco ci sarà Le Gros Ballon, un duo di ottimi musicisti che propongono una sorta di post-rock dalle atmosfere estremamente raffinate e delicate. Penso che sarà un bello spettacolo.
        un abbraccio
          Rob
    p.s.: giusto per aggiungere un altro tassello a un fine settimana particolarmente denso, sabato al Castello di Solza (BG) farò da moderatore alla presentazione del romanzo d’esordio di Indro Pezzolla, nuovo pupillo di casa Falzea.

    tra giolindo e milano con un grosso pallone
  • alla guardarobiera nera

    Cara Elisabetta,
      oggi voglio farti sorridere: poco tempo fa discutevo con un amico convinto che “In fondo ai suoi occhi” si possa leggere come una sorta di anomala e irrisolta storia d’amore (definizione spiazzante che personalmente considero perfetta per “L’uomo a pedali” ma che fatico molto a legare a questo romanzo, e penso che tu possa capirne i motivi meglio di chiunque altro). Ora il mio editore mi informa che domani (venerdì 11 febbraio), alle 18.00, alla Libreria Book di Reggio Calabria, ci sarà un incontro letterario intitolato “Amore è…!” all’interno del quale, fra gli altri, verrà letto anche qualche brano del mio romanzo. Evidentemente certe riflessioni mi inseguono. Peccato non poter essere presente: sarei molto curioso di vedere quali brani leggeranno e come legheranno le mie parole al tema della serata.
      Credo che questo pensiero sull’amore mi abbia condizionato un po’ anche nel reading di ieri sera al Tambourine. Hai presente quei momenti in cui hai in testa un concetto enorme che però non riesci a mettere a fuoco e, ogni volta che provi ad esprimerlo, hai l’impressione di dire cazzate? Ecco! Però è stata una serata molto tranquilla e piacevole e, a livello di lettura e di scelta dei brani, penso di aver fatto un buono spettacolo  (sono finalmente riuscito a mettere in scaletta anche “Stanza 47”, che da tempo mi ripromettevo di ripescare in qualche modo).
        Un abbraccio
          Rob

    alla guardarobiera nera

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